Una riforma a metà: la nuova tassazione delle rendite finanziarie

Dopo decenni di attesa, i risparmiatori italiani speravano in una più equa tassazione delle rendite finanziarie. La legge di delega per la riforma del sistema fiscale del 2023 aveva acceso la speranza di un sistema più semplice e trasparente. Tuttavia, la bozza di decreto redatta dalla commissione ministeriale sembra rivelare una riforma a metà, con diverse limitazioni alla compensazione tra guadagni e perdite.

L’obiettivo di creare un’unica categoria reddituale è lodevole, ma la sua efficacia è ridotta dalla complessità dei meccanismi di contenimento del gettito. Limiti quantitativi e qualitativi alla compensazione delle minusvalenze rischiano di complicare la vita non solo agli investitori, ma anche agli intermediari finanziari.

L’introduzione di una percentuale di redditi di capitale utilizzabili per compensare le minusvalenze (ad esempio il 50%) rappresenta un passo avanti, ma non risolve il problema. La quota rimanente rimane soggetta a tassazione, limitando l’effetto redistributivo della riforma.

La bozza di decreto presenta diverse criticità, come il limite del 30% alla compensazione orizzontale per gli attuali redditi di capitale. Inoltre, il riferimento al regime di tassazione delle criptovalute, con la tassazione solo se si superano i 2.000 euro annui, evidenzia una disparità di trattamento tra diverse tipologie di investimenti.

In definitiva, la riforma appare timida e sostanzialmente poco incisiva. Se da un lato semplifica la struttura del sistema, dall’altro introduce una serie di complicazioni che potrebbero ostacolare l’obiettivo di una tassazione più equa e trasparente.

La speranza è che il decreto definitivo recepisca le osservazioni e le critiche provenienti da più parti, per una riforma davvero efficace e al servizio dei cittadini.

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